Nuove considerazioni sul rapporto fra scienza, tecnologia e complesso militare industriale

Nota redazionale: il presente lavoro mira a riprendere ed approfondire l’impianto analitico contenuto nel vecchio articolo scritto nel 2015 (Scienza, tecnologia e apparato militare industriale), ripubblicato sul blog nel luglio 2019. Nello sviluppo della presente ricerca tenteremo di dare conto delle caratteristiche assunte dalla prassi tecnico-scientifica negli ultimi tre anni, sia in relazione alle emergenze sanitarie, sia in relazione alle meno note esigenze di ammodernamento militare degli apparati capitalistici concorrenti. Come si può evincere già dal titolo, la ricerca non riguarderà solo il tema epistemologico, bensì anche la funzione della scienza (o almeno di una parte rilevante di essa) nella società contemporanea. Essendo quest’ultima una società divisa in classi, risulterà evidente che l’attività di ricerca scientifica è costretta, almeno in linea tendenziale, ad adeguarsi alle esigenze della classe dominante. In altre parole sembra innegabile che la ricerca scientifica, in linea tendenziale, oggigiorno sia volta a scoprire i mezzi di produzione più evoluti per l’economia capitalistica, ed i sistemi di arma (più avanzati) per gli eserciti degli apparati capitalistici concorrenti. In questo contesto lo scientismo, in quanto corrente di pensiero, tende invece ad idealizzare il ruolo della scienza, ignorando il rapporto esistente (oltretutto in ogni fase storica delle società divise in classi) fra la ricerca scientifica e gli interessi della classe dominante (di turno). Il fatto che la ricerca contribuisca, indirettamente, anche a migliorare (talvolta) le condizioni di vita generali, non elimina la circostanza precedente, ovvero non inficia la funzione principale della scienza come strumento al servizio degli interessi della classe dominante. A ben vedere la corrente scientista, predicando l’identità di scienza e verità, rivela la sua vera natura ideologica. L’articolo ripubblicato nel 2019, scritto dall’amministratore del sito nell’estate del 2015, aveva fra i suoi scopi proprio la critica dello scientismo (una critica materialisticamente fondata sullo studio del rapporto – concreto – fra scienza e potere). Marx ha ricordato spesso che non è importante quello che una persona o un gruppo sociale affermano o pensano di essere, bensì quello che realmente sono e fanno. Tale regola vale anche per la scienza. Nell’ultimo triennio 2020/2022, l’ordinaria propaganda ideologica, tipica di tutte le società divise in classi, a causa di particolari contingenze di sistema (1), ha preso la direzione della glorificazione della scienza, fatta assurgere a sinonimo di verità e certezza assoluta. Di conseguenza, in opposizione al buon senso e perfino all’epistemologia studiata oggigiorno nelle università, lo scientismo ha fatto regredire la scienza alla situazione esistente prima del metodo sperimentale galileiano. Siamo passati (almeno nella narrativa ideologica rivolta alle masse) dal metodo ipotetico probabilistico, realmente praticato nella ricerca scientifica, alla codificazione dogmatica dei risultati parziali delle indagini scientifiche. Dunque, al posto della prassi scientifica reale, intesa come ricerca continua e sforzo ininterrotto di approssimazione al vero, abbiamo sentito, da molte parti, affermare che verità e scienza coincidono tout court. Alla luce di quanto accaduto nel triennio 2020/22, possiamo concludere che avevamo ragione, nel lontano 2015, nel criticare le posizioni ideologiche del dogmatismo scientista. I lettori del blog troveranno una critica dettagliata dell’errore scientista anche nell’articolo pubblicato sul blog nell’estate del 2021. https://losguardodellacivetta.wordpress.com/2021/08/15/lessenza-premoderna-dello-scientismo/

(1). Le ‘contingenze’ di sistema a cui alludiamo sono state analizzate – in modo particolare -in due articoli pubblicati nella primavera del 2020, ci riferiamo alla ‘Crisi del capitale come variabile indipendente’, e ‘Sistema’, mentre nell’agosto del 2020 abbiamo pubblicato ‘Dispotismo’, sempre relativo al tema. L’emergenza sanitaria e la guerra in Ucraina sono due fasi del divenire capitalistico, poiché i fenomeni principali della società contemporanea possono essere compresi solo tenendo presente il contesto di sistema in cui avvengono. Se questo è vero, allora, al di là di tutti gli aspetti particolari (cause ed effetti) che nessuno vuole negare, è anche vero che l’emergenza sanitaria e la guerra in Ucraina hanno determinato degli effetti economici ben precisi, intensificando alcune tendenze di sviluppo tipiche del capitalismo: ci riferiamo alla centralizzazione dei capitali, alla rovina del ceto medio, alla miseria crescente, e all’aumento del dispotismo. Il peggioramento delle condizioni di vita delle masse, e il contemporaneo incremento della conflittualità geopolitica fra gli apparati imperiali concorrenti, ha poi imposto alle elite capitalistiche di aumentare il livello quantitativo e qualitativo della propaganda ideologica. Di conseguenza, la percezione del reale è regredita, nel senso comune, ad un insieme di stereotipi e menzogne utili alla conservazione dello status quo, mentre una valutazione realistica delle cose è diventata un fenomeno di nicchia, un vezzo snobistico, cibo riservato per pochi palati.

Buona lettura

Prima parte: Sapere e potere

La conoscenza dell’ambiente che ci circonda è di fondamentale importanza per la sopravvivenza. In questo senso si può affermare che il sapere coincide con il potere (di conservare la propria vita). I nostri sensi sono una finestra (sebbene approssimativa e imperfetta) sulla realtà, attraverso di essi la nostra mente elabora le strategie per conoscere e adattarsi all’ambiente, dunque per sopravvivere. Le esperienze della vita, i successi e le sconfitte, a loro volta, forniscono continui spunti di riflessione per indirizzare il nostro comportamento verso il migliore adattamento ambientale possibile. Nel campo degli studi di psicologia esiste una corrente di pensiero definita comportamentismo: essa sostiene che il comportamento degli esseri viventi si forma attraverso l’esperienza, cioè attraverso successive risposte adattive alle variazioni del contesto ambientale. Questa semplice considerazione basterebbe da sola a confutare i dogmatismi di ogni genere, e in modo particolare l’errore scientista. D’altronde, se la realtà studiata dalla scienza è caratterizzata da continui mutamenti (panta rei), solo un continuo adeguamento dei paradigmi scientifici – ai mutamenti del reale – può permettere delle efficaci approssimazioni conoscitive. Viviamo in un universo (apparentemente) caotico, dove l’attività conoscitiva umana è costretta a sforzarsi di intravedere/scoprire gli attrattori che guidano il flusso caotico degli eventi, in una direzione invece che in un altra (teoria del caos). Questi attrattori possono essere definiti come le cause, i fattori e l’origine dei fenomeni, la loro caratteristica principale è quella di avere un alto grado di probabilità di determinare un certo effetto, in presenza di condizioni similari. Si parla di probabilità e non di certezza, si badi bene, perché le condizioni in cui si verifica un evento possono essere simili, ma mai identiche (2). Tali considerazioni, lungi dall’essere mere elucubrazioni filosofiche, nascono invece dall’esperienza. D’altronde il metodo sperimentale della scienza moderna nasce proprio dal riconoscimento della fallacia dell’approccio dogmatico (pre-galileiano), incapace di concepire la conoscenza come un percorso sperimentale ininterrotto di indagine del reale. Il sapere e il potere di autoconservazione sono sempre stati collegati, nel corso del tempo l’indagine scientifica non solo ha mantenuto tale caratteristica, ma addirittura è riuscita a migliorare le sue capacità di conoscere il divenire del mondo fenomenico. Tale miglioramento è avvenuto nel momento del passaggio dal sapere epistemico al sapere ipotetico probabilistico (quest’ultimo inaugurato con il metodo galileiano). L’essenza del miglioramento conoscitivo, determinata dalle capacità di osservazione ed elaborazione dell’ingegno umano (nel corso della storia) è riassumibile nel seguente modo: il sapere epistemico, di fronte ad un mondo in costante divenire, pretendeva di imbrigliare il movimento dell’essere con l’aiuto di leggi scientifiche immutabili e assolute. Dunque l’episteme era (nel mondo greco-romano e feudale) sinonimo di un sapere che sta fermo (immutabile), sebbene in un mondo mutevole, e inoltre lambisce ogni dimensione della realtà (sapere assoluto). Evidentemente tali caratteristiche di immutabilità e assolutezza, attribuite ai risultati della ‘scienza’ epistemica, avevano dato luogo, nel corso dei millenni, a vari insuccessi pratici. L’indagine su un mondo di fenomeni in continua mutazione non poteva essere imbrigliata dalle leggi epistemiche, cosicché l’ingegno umano iniziò a rimettere in discussione il fallimentare impianto epistemico assoluto e immutabile. Galileo Galilei diede voce e perfezionò , con il suo metodo sperimentale, l’esigenza di andare oltre le leggi immutabili e assolute della scienza epistemica, al fine di adeguare la ricerca al mondo del divenire (panta rei). Parafrasando il leit motiv della psicologia comportamentista, potremmo ipotizzare che le rivoluzioni epistemologiche hanno avuto origine dalla continua ricerca di adattamento della conoscenza all’ambiente (mutevole) circostante. Lo scientismo e il dogmatismo, in quest’ottica risultano dunque molto lontani dalla prassi sperimentale della scienza moderna, e tuttavia anche loro hanno una ragione di essere, in quanto costrutti ideologici funzionali alla conservazione del potere della classe dominante. Vogliamo dire che, mentre con la ricerca scientifica praticata realmente, quella di tipo ipotetico probabilistico, la classe dominante mira a conoscere il mondo con il più alto grado di approssimazione possibile, al contempo, con l’ideologia del dogmatismo e dello scientismo, mira a convincere le masse che le proprie decisioni politiche (in ogni campo) possiedono il supporto della scienza (epistemica pre-galileiana), cioè della verità immutabile.

Postilla: il bio potere

Non bisogna scomodare Foucault per scoprire che il capitalismo, in quanto espressione di una dominazione di classe, è innanzitutto bio-potere. I luoghi di lavoro, dove si consuma quotidianamente l’estrazione/appropriazione di plus-lavoro, cioè bio-energia, sono un esempio di bio-potere. Si consideri – inoltre – che il corpo umano, in quanto ricettacolo di forza-lavoro, viene impiegato nel processo produttivo capitalistico per periodi di vita individuale sempre più estesi (allungamento dell’età pensionabile). Le guerre fra apparati capitalistici concorrenti contengono a loro volta una dimensione di bio-potere, in quanto capacità delle sovrastrutture politico-statali in conflitto di mobilitare i corpi dei cittadini e di indirizzarli al fronte. Nel processo lavorativo è la struttura economica capitalistica ad esercitare il bio-potere sul corpo del cittadino lavoratore, mentre nelle guerre periodiche tra fratelli coltelli borghesi è la sovrastruttura politico-statale ad esercitare il bio-potere sul corpo del cittadino soldato. Ulteriori tipi di bio-potere sono presenti in molteplici ambiti della vita sociale (lasciamo al lettore l’imbarazzo della scelta).

(2).

Nessun uomo può bagnarsi nello stesso fiume per due volte, perché né l’uomo né le acque del fiume saranno gli stessi …

Eraclito

Seconda parte: Scienza, tecnologia e apparato capitalistico

L’apparato, in quanto simbiosi armonica di struttura economica e sovrastruttura politico-statale è la realtà essenziale del mondo contemporaneo. Di pari passo con la centralizzazione economica dei capitali, si è sviluppata la crescita mastodontica delle sovrastrutture politico-statali, una crescita indispensabile al fine di supportare adeguatamente la struttura economica oligopolista. Tale processo politico ed economico implica delle conseguenze di vario tipo. Le elencheremo in ordine di importanza. La base di tutto, lo ripetiamo, è la concomitanza fra la centralizzazione dei capitali e la centralizzazione del potere statale. Il primo effetto di questo processo è la perdita di sovranità reale degli apparati capitalistici di piccole e medie dimensioni, molto spesso ridotti al rango di vassalli o satelliti dei super-apparati imperiali (dotati di popolazione, territori e materie prime in abbondanza). Il secondo effetto è causato dal tentativo delle élite borghesi di sopperire alle interiori contraddizioni del sistema, prima di tutto quella che riguarda l’economia capitalistica, che a causa della concorrenza fra aziende e aree geoeconomiche infra-nazionali e internazionali, è costretta a diventare sempre più tecnologica. Dunque, mentre la composizione del capitale aziendale è sempre più caratterizzata dall’impiego di capitale costante (macchinario), il saggio di profitto continua a cadere, poiché solo il lavoro umano è in grado di creare valore, e dunque plus-lavoro e plusvalore. L’effetto di questa contraddizione si traduce nella crescita ulteriore della concorrenza economica, e a seguire nell’ aumento delle contese geopolitiche fra gli apparati imperiali (per il controllo delle materie prime, delle rotte commerciali e della forza lavoro). La crescita della conflittualità fra gli apparati capitalistici implica (per questi ultimi) l’esigenza di un supporto crescente da parte dei laboratori tecnico-scientifici. I processi socioeconomici e geopolitici appena esposti (sebbene molto brevemente) spiegano con un certo margine di attendibilità il progresso esponenziale dei risultati della ricerca scientifica (negli ultimi due secoli). Tale progresso, ovviamente, tocca principalmente le aree di interesse vitale per le due parti in cui si articola l’apparato capitalistico: la struttura economica e la sovrastruttura politico-statale. Il supporto della scienza alla struttura economica consiste innanzitutto nella invenzione di tecnologia produttiva sempre più efficace ed efficiente. Lo stesso dicasi per l’attrezzatura bellica che interessa alla sovrastruttura politico-statale. Possiamo concludere che anche il rapporto fra la ricerca scientifica (almeno in buona parte) e le due componenti dell’apparato capitalistico rientra nella fattispecie della simbiosi armonica.

Postilla: complesso militare industriale e proiezione di potenza

La tecnologia derivante dalla ricerca scientifica è normalmente destinata a due soggetti diversi, parliamo dell’industria civile e dell’industria militare. I due ambiti di ricerca (civile e militare) possono anche, talvolta, essere interconnessi, tuttavia il loro modus operandi è essenzialmente finalizzato a scopi differenti. La ricerca scientifica rivolta alla produzione di tecnologia ad uso civile, è fondamentalmente connessa alle aziende che producono merci per il consumo di massa (elettronica, informatica, automobili, etc, etc). Tale ricerca può riguardare sia l’invenzione di nuovi mezzi di produzione aziendali, sia la progettazione di nuovi prodotti o il miglioramento di prodotti già esistenti. Ovviamente, la progettazione di nuovi mezzi di produzione e di nuovi prodotti, persegue lo scopo di aumentare il loro livello qualitativo e quantitativo. Tale scopo vale sia nel campo della ricerca civile che in quello della ricerca militare. In quest’ultimo campo la prassi del segreto industriale è ancora più stringente di quella vigente nel campo civile. Infatti è grazie al possesso di armi moderne ed efficaci che un esercito può difendere gli interessi del proprio stato. Quando usiamo il termine ‘complesso militare industriale‘ ci riferiamo ad un aspetto dell’apparato capitalistico, a metà strada fra la struttura e la sovrastruttura. L’industria militare rappresenta un tipo particolare di attività economica, il cui scopo principale è la fornitura di armi al proprio esercito nazionale, e in via secondaria la vendita di armi ad altri stati. In genere le armi vendute ad altri stati non rappresentano il top nella gamma dei prodotti, che invece resta di pertinenza esclusiva del proprio esercito nazionale. La corsa all’aumento del livello quantitativo e qualitativo degli armamenti non può mai interrompersi, poiché in questo campo vale lo stesso principio della crescita continua che opera nel campo economico. Gli apparati capitalistici, in altre parole, sono costretti ad espandersi senza sosta (in direzione tendenzialmente imperiale) se vogliono sopravvivere. Tale espansione, nel campo di azione della sovrastruttura politico-statale, viene definito ‘proiezione di potenza ‘.

Conclusione (determinismo e probabilità)

Alcuni fraintendimenti nella lettura dell’opera di Marx ed Engels hanno prodotto una curiosa variante dello scientismo, stiamo parlando del presunto determinismo assoluto. Quest’ultimo assume spesso i contorni dell’economicismo, pretendendo di ridurre le cause del divenire storico ad un ferreo ed univoco rapporto di causa ed effetto, mentre Engels aveva ben chiarito la limitatezza di questo approccio, nella corrispondenza con vari soggetti, verso la fine del 1800. Parleremo ora dall’aspetto psicologico di questo errore, in quanto ci sembra inutile ripetere le critiche già esposte in un altra parte dell’articolo, dove viene dimostrata l’infondatezza epistemologica dello scientismo (in tutte le sue varianti). Sul piano psicologico potremmo ipotizzare che un forte bisogno di certezze e di punti fermi, caratterizzi la personalità dello scientista tipo.

Questo bisogno apre le porte al culto della scienza epistemica pre-galileana. Ognuno è libero di avere le sue convinzioni, così come noi siamo liberi di criticare le convinzioni errate (a nostro avviso). Il problema del determinismo assoluto è nella sua pretesa di essere assoluto. Tale pretesa confligge con la prassi e i paradigmi della scienza moderna. Più in generale confligge con l’esperienza della vita, in quanto il comportamento umano è volto all’adattamento ai contesti ambientali in continua mutazione. In parole povere, quando mutano i parametri ambientali, è indispensabile che l’essere umano sia in grado di percepire e conoscere i cambiamenti, per adeguare ad essi il proprio comportamento. Si tratta di una questione vitale, che spesso impone all’uomo di essere duttile e versatile, poiché l’adozione di vecchie risposte ai nuovi problemi è generalmente controproducente. Ovviamente queste considerazioni non inficiano l’invarianza storica del marxismo, che sta semplicemente ad indicare che le leggi tendenziali di sviluppo del capitalismo saranno sempre operanti, almeno fino a quando questo sistema socio-economico sarà in vita. Dunque l’invarianza storica non significa credere in leggi assolute, valide in ogni epoca storica, ma solo nella esistenza di alcune tendenze tipiche (attrattori caotici) di un certo modo di produzione. Parlare di scienza in termini astratti è la strada che conduce all’errore scientista, onde evitare tale errore sarebbe indispensabile analizzare la scienza all’interno del suo contesto socio-economico concreto. In questo contesto reale e attuale (oggigiorno di tipo capitalistico) buona parte dell’attività di ricerca scientifica, e dei suoi derivati tecnologici, è funzionale all’economia borghese e al suo complesso militare industriale. Oltre questa constatazione sulla realtà di fatto della scienza, si aprono le porte dell’immaginazione e del sogno

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